Da “Maigret e l’omicida di rue Popincourt” di George Simenon – 1969 (Maigret sta parlando con il Dott. Pardon):
“Questa volta Pardon era scoraggiato, pessimista, e di un pessimismo che non si dava più la pena di nascondere. «Vogliono fare di noi medici dei dipendenti statali, e trasformare la medicina in una grande macchina che eroga cure, più o meno adeguate … ». Maigret si accese la pipa senza smettere di osservarlo. «E non solo dipendenti statali,» riprese il dottore «ma mediocri dipendenti statali, perché non possiamo più dedicare ai malati il tempo necessario … Certe volte mi vergogno, quando li riaccompagno alla porta, per poco non li spingo fuori. .. Vedo il loro sguardo preoccupato, per non dire implorante… So che si aspettavano ben altro da me: una domanda, una parola, qualche minuto tutto per loro, insomma … ». Levò il bicchiere. «Alla sua … » disse sforzandosi di sorridere, di un sorriso meccanico che non gli si addiceva. «Sa quanti pazienti ho visitato oggi? … Ottantadue … Ed è la norma, glielo assicuro … Dopo, siamo costretti a compilare una quantità enorme di moduli, e ci passiamo le serate… Mi scusi se la annoio con i miei problemi… Avrà anche lei i suoi, al Quai des Orfèvres… ». E poi, che altro si erano detti? Banalità, cose che il giorno dopo cisi è già scordati. Pardon fumava la sua sigaretta seduto alla scrivania, Maigret si era accomodato nella poltroncina rigida riservata ai pazienti. Nello studio aleggiava un odore particolare, un odore che il commissario conosceva bene, perché ce lo ritrovava ogni volta, e che gli ricordava un po’ quello dei commissariati di polizia. Odore di poveri“.